Il Parco Naturale Regionale di Portoselvaggio e Palude del Capitano in particolare custodisce siti archeologici ritenuti preziosi dalla comunità scientifica internazionale nello studio di uno dei passaggi più importanti della preistoria europea, quello della transizione da uomo di Neanderthal a quella di Homo sapiens.
L’area è un giacimento in parte inesplorato dal quale sono emersi i fossili e i manufatti che saranno in mostra al primo piano del chiostro dell’ex convento di Sant’Antonio, insieme a documenti, pannelli illustrativi e postazioni multimediali che daranno ai visitatori il senso del valore dell’attività archeologica svolta.
Nell’ex convento dei Francescani, un luogo carico di fascino adiacente alla chiesa di Sant’Antonio da Padova sono circa 300 i metri quadri di superficie messi a disposizione del museo.
“Questo museo costituisce una realtà unica in una provincia in cui dal punto di vista scientifico i riferimenti forti non mancano, a iniziare dal museo di Maglie o dal Castromediano. Ma nel caso di Nardò”, dice la ricercatrice dell’Università di Siena Filomena Ranaldo, che ha curato l’allestimento, “un museo della preistoria acquista un senso specifico perché valorizza le indagini che qui si sono svolte dagli anni Sessanta a oggi, ricerche fondamentali a livello europeo. Non ci può essere uno spazio simile in altri musei, né questo vuol essere alternativo ad altri”.
Il Museo propone un viaggio nel tempo che inizia intorno ai 75 milioni di anni fa con una collezione di pesci fossili risalenti alle ultime fasi del Cretaceo e una tartaruga, per anni pezzo forte del museo didattico del Gruppo Speleologico Neretino, che alla causa ha contribuito con fotografie, documenti e una corposa biblioteca e con i reperti donati da studiosi di primo piano come il fiorentino Borzatti, Arturo Palma di Cesnola dell’università di Siena ed Elettra Ingravallo, dell’ateneo salentino.
All’interno del Museo sono conservate le più antiche testimonianze rinvenute sulla costa neretina; un’area che nel corso del tempo ha subìto numerosi cambiamenti sia climatici che ambientali. Negli anni ’60 le ricerche di Palma di Cesnola e Borzatti Von Löwenstern misero in luce le più antiche tracce del genere Homo sul territorio. Le ricerche archeologiche dei due giovani ricercatori cominciarono con gli scavi nella Baia di Uluzzo, nei giacimenti di Grotta del Cavallo, Capelvenere, Torre dell’Alto, Uluzzo e Uluzzo C, per poi proseguire in tutta l’area di Porto Selvaggio con le indagini a Grotta Bernardini, Serra Cicora A, Grotta della Mano e Grotta Borzatti. I materiali rinvenuti sono qui esposti per raccontare la storia di questo importante distretto paleolitico.
Uffici e personale
Direttore: Filomena Ranaldo
Gestore: NOMOS Servizi per la Cultura del Patrimonio di Strafella Silvia